Nel 376 d.C. un popolo di stirpe germanica, spinto dalla pressione devastatrice degli unni, che aveva destabilizzato e azzerato la sicurezza dell’intera regione pontica, giunge terrorizzato sulla linea di confine orientale dell’Impero Romano. Erano migranti goti, che chiedevano e si aspettavano dall’Impero della Nuova Roma di poter essere accolti dentro i confini imperiali, nei territori sicuri e fertili della Tracia. Lo stato romano aveva infatti maturato da tempo una lunga tradizione di accoglienza che prevedeva l’integrazione di nuovi sudditi al servizio dei latifondisti oppure nell’esercito.
In quel caso specifico le persone al di là del fiume Danubio erano moltissime, secondo alcune fonti addirittura duecentomila. La situazione destò preoccupazioni sul da farsi nei generali romani, che decisero così di inviare una delegazione all’imperatore Valente, nel frattempo impegnato a ricercare la gloria personale contro i persiani nei territori dell’attuale Iran. Dopo alcune settimane l’ambasceria romana ritornò sul Danubio con la notizia che la richiesta di asilo era stata accettata e che finalmente i goti sarebbero stati lasciati liberi di passare senza armi la frontiera. Secondo alcune fonti l’imperatore esultò per l’arrivo dei goti, vedendo in essi nuova energia per il proprio esercito, ma più probabilmente questa fu propaganda volta ad addolcire una decisione amara che non lasciava all’imperatore altra scelta. Tra le file dei goti c’erano, infatti, gruppi invisi ai romani e sicuramente interessati ai territori dell’Impero, come nel caso di Atanarico.
La notizia dell’ingresso dei goti all’interno dei confini dell’Impero si espandette rapidamente verso est, ridestando l’interesse anche di coloro che avevano precedentemente rinunciato all’impresa. Fu così che poco tempo dopo sulle due sponde del fiume Danubio si crearono degli immensi campi profughi che resero presto il passaggio dei confini incontrollabile per i romani.
La conoscenza di questi fatti è a noi possibile grazie ad Ammiano Marcellino, considerato dagli storici molto attendibile anche per essere vissuto all’epoca dei fatti:
<<Poiché il Danubio è un fiume assai pericoloso e per di più allora era in piena per le abbondanti piogge, parecchi perirono annegati mentre a causa della gran massa di gente tentavano di attraversarlo contro corrente e cercavano di nuotare>>.
Molti bambini si smarrirono o si persero fra le centinaia di migliaia di persone. Faceva il resto l’avidità di alcuni soldati e mercanti di schiavi:
<<Poiché i barbari, che erano stati trasferiti, soffrivano per la scarsità di cibo, dei comandanti odiosissimi escogitarono un turpe commercio e, raccolti quanti cani poté mettere assieme d’ogni parte l’insaziabilità, li diedero in cambio di altrettanti schiavi, fra i quali si annoveravano anche i figli dei capi>>.
Inoltre sappiamo che i finanziamenti statali che furono disposti dallo stato per dare aiuto umanitario ai profughi furono in parte trattenuti dai generali, e che le razioni alimentari furono vendute in cambio di mercanzie o di schiavi.
L’insoddisfazione dei goti a quel punto fu talmente grande che i generali romani, temendo una rivolta, chiusero nuovamente la frontiera danubiana. Misura che ben presto si rivelò del tutto inefficace.
I goti che erano già passati al di qua del Danubio furono accompagnati immediatamente verso la città di Marcianopoli per essere poi smistati. La loro avanzata però procedeva sospettosamente lenta, mentre altri gruppi di barbari accrescevano le loro fila. Dalla città di Marcianopoli l’amministrazione negò ogni sorta di aiuto umanitario e lasciò entrare all’interno delle mura solamente i comandanti di entrambe le parti. All’interno della città i romani organizzarono un banchetto ingannevole alla cui fine i capi barbari avrebbero dovuto trovare la morte. Intanto fuori dalle mura della città la situazione precipitò improvvisamente a causa di un momento di tensione fra romani e goti. I capi barbari a questo punto uscirono dalle mura gridando al tradimento e riuscirono a portare la propria gente a sopraffare i soldati romani. Dinanzi al disonorevole comportamento dei romani i goti ora si diedero al libero saccheggio delle campagne traciche riversando sugli abitanti tutta la loro rabbia.
All’imperatore Valente non restò alla fine che trattare la pace con la Persia, lasciare sguarnita l’Armenia e avviarsi verso i Balcani. Una prima battaglia comandata dal generale Graziano portò a un nulla di fatto. L’imperatore arrivò a Costantinopoli nel 378, dove nel circo fu fischiato durante i giochi. Desideroso di un riscatto personale si recò di persona a trattare con i capi goti, senza peraltro aspettare i rinforzi che nel frattempo erano in marcia dalla parte occidentale dell’Impero. L’incontro dei goti con le truppe imperiali avvenne in estate nell’attuale Turchia, al confine fra la Grecia e la Bulgaria. I carri del popolo goto in marcia lungo la pianura. si fermarono e si chiusero. in formazione di difesa. Le ambascerie dei due schieramenti si adoperarono per risolvere la questione con una soluzione diplomatica, e stando ai racconti che ci sono pervenuti, i goti si dichiararono disposti a giurare eterna pace a Roma in cambio di una parte dei territori della Tracia e di greggi. Improvvisamente però dalle file romane alcune unità della cavalleria lanciarono un precoce attacco verso i carri goti, subito respinto e allontanato. La cavalleria gota, appena distante, si spinse a quel punto sulla fanteria romana, che, ritrovandosi così schiacciata contro i carri nemici, sfaldò le file. Buona parte dell’esercito romano, ormai non più in formazione, fu massacrato. Di Valente si dice che morì sul campo di battaglia trafitto da una freccia, altri ancora dicono che morì nell’incendio di una casa nella quale aveva trovato riparo.
Era la battaglia di Adrianopoli, del 378 d.C. E il popolo goto, che certo non si aspettava di ottenere quella vittoria, faceva così di diritto il suo trionfale ingresso nella storia europea.
Una storia che da quel momento non sarebbe mai più appartenuta solo e unicamente all’Impero Romano d’Occidente.