IL TEMPIO DI VENERE E ROMA. Nel 121 d.C. l’Imperatore Adriano, inizia la costruzione del tempio più grande della città di Roma. Il tempio di Venere e Roma si chiama cosi perché racchiude dentro di se due simboli dell’impero. Venere era la progenitrice di Enea, capostipite della gens Iulia, e quindi di tutti gli imperatori. Roma che oramai rappresentava l’intera ecumene.
L’edificio fu costruito su un podio artificiale lungo 145 m e largo 100 m, sulla collina della Velia, cioè quella collina che si trova tra la Basilica di Massenzio e la valle del Colosseo. Adriano stesso fu l’architetto del progetto e proprio per questo il tempio rappresenta l’esempio più esplicito della sua nota personalità poliedrica. L’imperatore amante della Grecia, dove si recava spesso per studiare le tradizioni del passato, ma anche per comprendere in prima persona il funzionamento dell’Impero, volle costruire un tempio di tipo greco sia nelle proporzioni, sia nelle forme. L’impatto urbanistico del nuovo edificio fu però immenso e forse non previsto dallo stesso imperatore; l’enormità della costruzione, era, infatti, tale da far sembrare piccolo l’antico Foro Romano, la cui importanza e la cui centralità erano nei fatti ormai solo un ricordo. Il Colosseo stesso, e i ludi che ivi si svolgevano apparivano legati in modo indissolubile al tempio, in un connubio architettonico che riproponeva il tradizionale rapporto fra teatro e tempio, fra spettacoli/festività liturgiche e divinità.
Sappiamo che il progetto fu aspramente criticato dal grande architetto di Traiano, Apollodoro di Damasco, che a causa di alcuni suoi giudizi negativi fu condannato a morte. In particolare Apollodoro avrebbe criticato le statue delle Dee, che a suo avviso erano troppo grandi e sproporzionate rispetto all’altezza del soffitto; se avessero voluto alzarsi andava dicendo l’architetto, sarebbero state impossibilitate a farlo.
La data di inizio dei lavori fu prefissata per il 21 aprile del 121 d.C., in occasione dell’antichissima festa dei Parilia, dedicata al dio Pale, e giorno della mitica fondazione di Roma. Il tempio fu però ultimato solamente nel 135 d.C. dal successore di Adriano, Antonino Pio. Una volta completato si presentava con dieci colonne corinzie sui lati corti e venti sui lati lunghi, e si trovava al centro di un’area colonnata con quarantaquattro enormi colonne di granito grigio provenienti dall’Egitto (alcune delle quali riposizionate).
L’edificio non aveva una sola facciata perché essendo dedicato a due divinità presentava due celle e due fronti contrapposte. Una cella era dedicata alla Dea Roma ed era rivolta verso il Foro Romano mentre l’altra dedicata a Venere era rivolta verso il Colosseo. Il complesso ora visibile non è quello Adrianeo, ma è dovuto in larga parte a un grande rifacimento per opera di Massenzio nel 307 d.C. nel corso del quale le due celle furono dotate di absidi. La cella ovest, quella che si rivolge verso il foro, e dove era la statua di Roma è ancora in buono stato di conservazione, poiché è stata successivamente inglobata all’interno del convento di Santa Francesca Romana (Antiquarium del Foro). La cella est, che guarda al Colosseo e dedicata a Venere, è invece mal conservata. All’area si poteva accedere tramite due scalinate, disposte sui lati più lunghi, che conducevano a due propilei (ingressi) con quattro colonne.