IL TEMPIO DI ADRIANO. Il Campo Marzio corrisponde all’area pianeggiante compresa fra il Campidoglio, il Pincio e il Tevere. Nell’età repubblicana alcuni generali avevano trovato qui lo spazio per erigere i templi che celebravano le loro vittorie. Alcuni di questi sono ancora visibili, come quelli che si conservano a Largo Argentina. Il punto più alto dell’attività edilizia repubblicana di quest’area si ha però con il teatro costruito da Pompeo, cui Giulio Cesare rispose con la progettazione di un teatro ancora più grande, quello che poi, costruito da Augusto, prese il nome di teatro Marcello.
Augusto (regno 27 a.C.-14 d.C.), dopo aver sconfitto Marco Antonio e Cleopatra, fece costruire nell’area settentrionale del campo Marzio un grande mausoleo, ancora oggi visibile, e destinato a ospitare i suoi eredi. Il suo collaboratore Agrippa costruì qui il primo Pantheon, e l’architetto Facundus Novius una grande meridiana, il cui gnomone altro non era che l’obelisco che poi sarà collocato a piazza Montecitorio. Quest’orologio non rappresentava solamente l’ora, ma il tempo felice che scorreva sotto la guida dell’imperatore. Poco più a Nord il Senato diede ordine di costruire l’Ara Pacis, un altare dedicato alla pace e visibile da chiunque avesse avuto accesso a Roma da questo lato della città. A quel tempo l’immagine del Campo Marzio doveva essere quella di un immenso parco. Nessuna descrizione è migliore di quella del contemporaneo Strabone: “[…] Le opere d’arte disposte intorno, il suolo erboso per tutto l’anno e la corona di colline che si avanzano fino alla riva del fiume e offrono un colpo d’occhio scenografico fanno si che a malincuore se ne distolga lo sguardo”.
Ad eccezione delle Terme di Nerone, gli imperatori della famiglia Giulio-Claudia non modificarono di molto l’aspetto del campo Marzio. Dopo l’incendio che interessò Roma nell’80 furono i Flavi e in particolare Domiziano a impegnarsi in grandi lavori di restauro dell’esistente. Domiziano costruì anche edifici importanti, fra i quali uno stadio, quello che poi diede forma all’attuale piazza Navona.
Traiano (regno 98 D.C. 117 d.C.) passò alla storia come il grande conquistatore. Con lui l’impero Romano raggiunse la sua massima espansione.  Le sue imprese furono lasciate ai posteri scritte in un grande papiro illustrato: “La Colonna Traiana”. L’imperatore per costruire il suo foro aveva dovuto ricavare lo spazio necessario tagliando la collina che separava l’attuale piazza Venezia dall’area dei Fori Imperiali. La colonna cosi, che ospitava le ceneri dell’imperatore, si trova urbanisticamente nell’area dei Fori, ma fisicamente proprio all’inizio della pianura del Campo Marzio, dove era ormai consuetudine celebrare le operazioni legate ai funerali degli imperatori.
Adriano (regno 117 D.C. 138 d.C.), era diversissimo da Traiano. I suoi anni trascorsi in Grecia e lontano da Roma, non sono solo viaggi di piacere ma espressione di un desiderio intellettuale di rendersi conto in prima persona di come funziona l’impero. Uno dei suoi grandi sogni era unificare l’occidente con l’oriente, Roma con la Grecia. Questo traspare anche dall’architettura che a Roma segna l’arte di quel periodo, a cominciare dal Tempio di Venere a Roma e da Villa Adriana.
È con Adriano che il Campo Marzio assunse un aspetto nuovo. Adriano ordinò la costruzione di un nuovo Mausoleo, quello che è adesso Castel Sant’Angelo. Si trovava al la del Tevere, ma grazie al ponte Elio era legato indissolubilmente al Campo Marzio; non era un caso. L’imperatore si vuole collegare certamente alla più tipica tradizione romana (un mausoleo l’aveva costruito già Augusto), esprimendo un desiderio di accettazione formale del passato tipico della dinastia degli Antonini, ma in realtà rispetto al passato cambia totalmente prospettiva. Tanto per cominciare il suo Mausoleo cancella totalmente la prospettiva chiusa del Campo Marzio Augusteo, e ne impone una nuova, che dal suo Mausoleo gravita verso l’area del Pantheon e il complesso monumentale del tempio di Matidia (sua suocera, nonché nipote di Traiano). Probabilmente Adriano aveva preparato la strada per la costruzione in quest’area di un tempio a lui dedicato.
Antonino Pio (regno 138 D.C. 161 d.C.) pur non possedendo la varietà di interessi e di idee di Adriano, governò da buon sovrano. Insistette molto sul rafforzamento dei valori della religione tradizionale e sull’importanza del rispetto degli antenati. In prima persona si occupò del completamento del mausoleo di Adriano, e avviò la costruzione del tempio di Adriano. Questo tempio non era altro che l’espressione della volontà di Antonino Pio di glorificare il suo predecessore, e probabilmente di creare una premessa per la sua stessa divinizzazione. Di quell’edificio resta conservato il lato destro, che ora fa parte della facciata settentrionale del palazzo che ospita la Borsa. Delle tredici colonne corinzie e alte 15 m, due non si sono conservate. Lo scavo ha liberato il podio, alto 4m e ora al di sotto del piano stradale moderno. Al di sotto delle colonne s’inserivano delle lastre con trofei e dei rilievi con venti figure di province, interpretate ognuna secondo una caratterizzazione specifica della provincia dell’impero che dovevano rappresentare: in questa attenzione per i costumi locali si perseguiva un ideale tipico dei valori di Adriano e a cui non era insensibile lo stesso Antonino Pio. Questi rilievi sono in parte conservati al museo di Napoli. L’architrave e il fregio possono essere visti sul posto, sono originali, ma hanno subito restauri molto consistenti. A circondare l’edificio vi era in origine un grande porticato di marmo giallo cui si accedeva con un arco monumentale che conosciamo tramite rilievi.

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