Dopo la rivolta nella parte occidentale dell’Impero, che nel 68 aveva costretto Nerone a togliersi la vita, a Roma negli anni 68/69 scoppiò la guerra civile, e il sessantanove fu ricordato come l’anno dei quattro imperatori: Galba, Otone, Vitelio e Vespasiano. Quest’ultimo fu il primo rappresentante della dinastia Flavia, che fino al 96 comprende gli imperatori Tito e Domiziano. Per capire come la dinastia Flavia si presentò al potere, dobbiamo fare un passo indietro.
Nerone era stato un imperatore autocrate, amante della tryphé, cioè di un concetto di magnificenza e di stravaganza, che ripreso direttamente dall’antica dinastia dei Tolomei di Alessandria (i quali si dichiaravano discendenti di Alessandro Magno) identificava uno stile di vita dionisiaca, dove l’obesità e la corpulenza del sovrano erano considerati parte integrante della rappresentazione dello stile di vita regale – è per questo che nei ritratti Nerone appare paffuto ed opulento -. L’imperatore in linea con il suo modo di vedere il mondo, privatizzò così parte degli spazi pubblici della città per costruire la sua sfarzosa residenza, la Domus Aurea, estesa per 54 ettari (come 77 campi da calcio), e nel vestibolo di questa villa fece erigere un colosso di bronzo alto 33,5 metri.
La politica di Nerone era mal tollerata dal senato, che vide togliersi parte delle sue prerogative, ed era mal tollerata anche dalle provincie occidentali, per le quali gli sprechi dell’Imperatore non potevano essere digeriti. Oltretutto si era andata prospettando una grave crisi monetaria. Non va dimenticato però che Nerone fu molto amato dai cittadini, sia da quelli delle provincie orientali, sia dai cittadini di Roma, per i quali organizzò alcune fra le feste più grandi che la città o l’impero avessero mai conosciuto. Molti poi apprezzarono i principi della sua politica urbanistica, come il tentativo di rendere Roma sicura ampliando le strade, allineando gli isolati e dotando questi ultimi di portici perimetrali.
Quando Nerone fu spazzato via nella rivolta del 68, Vespasiano giunto al potere all’età di sessanta anni, doveva conquistare la fiducia del senato e soprattutto del popolo. Fu per questo che prendendo le distanze dal passato, si presentò con un tipo di ritratto del tutto diverso da quello che aveva contraddistinto il “tiranno”. Innanzitutto il suo ritratto abbandonava le inclinazioni filo-ellenistiche e proponeva un volto quasi repubblicano, lontano persino da quello di Augusto, portatore di valori semplici, quasi contadini e patriarcali, valori di un uomo concreto che non poteva vantare nessun antenato divinizzato. Ma non erano solo i valori perduti che Vespasiano restituiva alla città, a essere restituiti erano anche gli spazi della Domus Aurea, la grande residenza che era appartenuta a un uomo solo, ma sopra cui ora viene avviato il cantiere di costruzione del Colosseo, cioè uno stadio, un luogo di tutti. Vespasiano costruisce inoltre il cosiddetto Foro della Pace, inserendolo nel centro storico della città, la dove Cesare e Augusto avevano costruito un loro foro personale; a singolare contrasto questa nuova piazza avrebbe rappresentato uno spazio culturale, e simboleggiato, a pochi anni di distanza dalle guerre civili, la restituzione della PAX necessaria al buon governo.