Il sepolcro dei Fabi sull’Esquilino ha restituito un frammento di pittura parietale che è di fondamentale importanza nella storia dell’arte romana. Esso si colloca cronologicamente intorno al 300 a.C. e testimonia l’inizio di una tradizione celebrativa nell’arte che avrà il suo massimo splendore quattrocento anni dopo con la Colonna Traiana. Questo dipinto è, infatti, l’esempio più antico in ambito romano di una narrazione continua, cioè di una convenzione pittorica in cui gli stessi personaggi ritornano più volte nella stessa scena. Questa convenzione si fa derivare dalla tradizione della pittura trionfale, vale a dire dai pannelli che accompagnavano il trionfo dei generali vittoriosi: in questi pannelli si usava sovrapporre registri diversi uno sull’altro, poiché permettevano di descrivere una scena nel suo evolversi nel tempo.
Nel dipinto, ora conservato al museo della Centrale Montemartini, si possono leggere, anche se parzialmente, quattro registri: Il primo non è facilmente interpretabile, rimangono solo le gambe di un personaggio che è rappresentato nell’atto di combattere.
Il secondo registro, cominciando da sinistra, presenta delle mura merlate, esse sono rappresentate da un blocco rettangolare di colore bruno. Dalle mura si affacciano dei difensori o più probabilmente dei civili senza armi. La città si deve essere arresa poiché davanti alle sue mura avviene l’incontro fra un personaggio con indosso il subligatum (una fascia di stoffa legata attorno al bacino) e un personaggio che ha toga exigua, tipica a Roma nel periodo repubblicano. La prima figura è misteriosa, anche se è quasi completamente spoglia si capisce che è un capo militare, infatti, non ha rinunciato a portare i suoi schinieri dorati (parti dell’armatura che proteggono le tibie). La seconda figura è sicuramente un romano.
Scendendo di registro, la scena è in sostanza identica, nuovamente al centro ci sono gli sessi personaggi che s’incontrano, ma questa volta il secondo personaggio, il romano, ricambia il gesto della mano.
L’ultimo registro, non molto leggibile, presenta probabilmente, una scena di assedio e di combattimenti.
Le iscrizioni che testimoniano il nome dei personaggi rappresentati si leggono con una certa difficoltà, si tratta in un caso di M.FAN […] e nell’altro di Q. FABIO. Secondo l’ipotesi tradizionale il protagonista sarebbe Quinto Fabio Rulliano, trionfatore sui sanniti nel 298, e rappresentato mentre accetta la sottomissione di un capo sannita.
Qualcuno ha osservato come la tomba risulti troppo modesta rispetto all’importanza della famiglia dei Fabi, e ha proposto che Quinto Fabio sia solo un normale soldato romano che ha partecipato alle guerre contro i sanniti, e che qui riceve la lancia in quanto insignito di un’altissima onorificenza, la “hasta pura”. Quest’ultima ipotesi ha però un problema iconografico, infatti M. Fannius ha un elmo con piume, cioè un elmo sannita. Quindi se è lui che consegna la lancia, se è lui il proprietario della tomba, come mai non è un romano?
Per ora predomina ancora la vecchia teoria, che tende a leggere la sepoltura ritrovata sull’Esquilino come la tomba di un alto rappresentante della gens Fabia.