Siamo ad Atene, nel Museo del Ceramico, e quest’anfora della meta del X secolo a.C., proveniente da una tomba della necropoli del Dypilon, è uno dei manufatti archeologici più frequentemente raffigurato nei manuali di arte greca.
Intorno al dodicesimo secolo avanti Cristo, in Grecia, possiamo considerare ormai conclusa l’esperienza storica della civiltà minoico-micenea. Con la distruzione dei suoi centri palaziali e l’interruzione dei contatti commerciali con le grandi civiltà orientali, erano scomparse le aristocrazie e con esse l’arte da queste sostenuta.
Nel mediterraneo orientale i popoli del mare avevano distrutto l’impero ittita, travolto i piccoli centri dell’area Assiro Palestinese e si erano spinti fino all’Egitto, dove erano stati sconfitti dal più potente e meglio organizzato esercito del Faraone Ramsete III. Questa epica battaglia è descritta nel tempio di Medinet Habu nella parte occidentale di Luxor.
In Grecia l’invasione dorica, le lotte sociali e le carestie, avevano causato un impoverimento evidente e conseguentemente la perdita della scrittura. Le forme vascolari che nella tradizione cretese e micenea erano circa settanta, in questo periodo di crisi si riducono a una decina, quelle cioè necessarie ai bisogni di una società agricola e pastorale. I motivi naturalistici dell’arte micenea poi erano ancora usati, ma le forme naturalistiche di quell’arte erano andate perdendo di significato e di bellezza. Gli archeologi chiamano questo periodo medioevo ellenico. Eppure il mondo miceneo non era scomparso del tutto e sul suo ricordo e nella nostalgia di quell’epoca felice si andavano tramandando miti e leggende. Le descrizioni eccitanti del passato, come i racconti del rapimento di Elena o dei combattimenti fra gli eroi, si inserivano in un panorama di rovine che potevano essere ancora ammirate, come la cittadella fortificata di Micene e di Tirinto. Sullo scorcio dell’XI secolo a.C. nell’arte qualcosa cambia.
In Grecia, e con maggior forza ad Atene – risparmiata dalle invasioni doriche-, subentra velocemente un nuovo linguaggio artistico. Stilisticamente questo periodo si chiama protogeometrico (1050-900 a.C.) ed è il momento iniziale del geometrico, un periodo in cui nell’arte greca dominano le decorazioni di tipo geometrico (1050-700 a.C.).
In quest’anfora vediamo Il cavallo, fedele compagno del guerriero, comparire sotto un ornato ancora di tradizioni micenea, quasi delle onde marine. Le decorazioni del vaso e il cavallo, sono però sintetizzate in uno stile compiuto, autonomo e che pure nel simbolo è capace di conservare tutta l’energia vitale della forma originaria. Le decorazioni, rispetto al passato, diventano più precise, aderendo in forma organica al vaso. In un vaso miceneo non avremmo mai trovato una scansione delle parti cosi rigorosa. Il vaso è formato dal collo, dalla spalla e dal ventre e la decorazione vi pone l’accento dando al vaso geometrico l’impressione caratteristica di una stabilità statica eccezionale. Le creazioni di quest’arte, che rappresenta il periodo di formazione del popolo greco e della cultura che noi chiamiamo classica, presto saranno esportate in tutto il mediterraneo orientale e ritroveremo ceramica protogeometrica in aree anche lontanissime, come la Cilicia, la Palestina, la Siria, e Cipro.